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1999

Chiasso,
 
Casa Giardino (presentazione di Domenico Lucchini)

Il pittore Ro Milan

 

Roberto Milan nasce a Tortona nel 1937. Dal 1946 abita a Chiasso. Pubblica poesie, racconti e disegni su riviste e quotidiani. Dal 1970 dipinge con assiduità:  partecipa a collettive e organizza personali in Svizzera ed in Italia. Gli esordi sono dei lavori di sperimentazione : “Percorrevano  i suoi fogli i fantasmi di Mirò, di Kandinski e di Dalì e taluni riferimenti più vicini come quelli problematici ed eleganti di Imre Reiner (Eros Bellinelli, Pantarei Ed.). Prima della riscoperta della natura reale ed immaginaria, Roberto Milan ha passato al setaccio di mille e una prova metaforiche (allegorie compositive e cromatiche) i suoi pensieri, le sue constatazioni, i momenti onirici”.

Due, con altrettanti correlati, sono prevalentemente i motivi ricorrenti nei pastelli, nei olii e nelle tempere. Questi temi sono il paesaggio (quello agreste, la montagna, qualche marina) e la nature morte (foglie, fiori).

Ciò che interessa soprattutto all’artista è trasmettere sensazioni, cercare i ritmi e lo spirito della natura, coglierne le atmosfere, forse comunicarle o perlomeno invitare all’osservazione, alla meditazione spesso silenziosa. Sia che ritragga il Mendrisiotto, la Brianza, il Canton Grigioni, la campagna friborghese, il Belgio, i Vosgi, paesaggi germanici , è il « paesaggio interiore » che interessa il Milan. Non tanto la  figurazione nella sue descrittività, ma l’essenza profonda della natura che è poi anche, probabilmente, l’anima del pittore che attraverso quei paesaggi, come ebbe bene a dire Mario Agliati in una recensione « invera i fantasmi del suo mondo, che è poi come dire, i fantasmi di quel poetico silenzio ». Sempre Agliati cerca poi di immaginare il metodo di lavoro di Milan che è poi quello concreto esperito dall’artista : sul terreno per fissare le linee dello scenario, i piani, i colori, le quinte e le prospettive ; e poi in studio a contemplare, a rifinire, a conservare, a fissare quel tanto che basti perché il paesaggio resti nella sostanza fedele, a tralasciare il troppo e il vano, a fondere ed amalgamare piani e colori ; in una ricerca che appaghi si l’occhio, ma anche e più l’anima dell’artista sicché esso arrivi a sentire il quel reinventato  e trasfigurato paesaggio se stesso.

A volte quindi i luoghi nella loro specificità non appaiono importanti per il pittore che usa il paesaggio come modello, come pretesto per dipingere forme e colori raggiungendo paradossalmente, con le sue linee orizzontali e trasversali, i suoi tagli particolari, i suoi piani sovrapposti, risultati quasi astratti. Le trasognate visioni di cieli nuvolosi, i monti stagliati contro l’orizzonte, le atmosfere apparentemente metafisiche delle nature morte, le personali scelte coloristiche, le particolari campiture lasciano trasparire una sensibilità quasi simbolica.

In queste opere, siano essi raffiguranti pacate vedute di pianura o inquieti profili montagnosi, il pittore è sempre proteso a una ricerca dello spirito delle cose e dei ritmi della natura in uno spazio senza tempo, senza accadimenti, dove la grafia  dei contorni sembra, dico bene sembra bloccare l’immagine in una luce ferma. Anche se in verità, a ben guardare, e qui la tecnica è rivelatrice, (se negli oli ha come esito un colore amalgamato, pastoso, nel pastello e nella tempera si ha un risultato più mosso scaturito da un minutissimo pointillisme che si rivela solo a un attento esame) le immagini di Milan sono sempre in movimento, non fosse altro che interno. Anche quando appaiono sedimentate, ferme, definite, sono come sospese e lasciano intuire e suggeriscono una dinamicità. Sono come dei fotogrammi di una sequenza cinematografica, dei momenti privilegiati, isolati, ma appartenenti a un contesto ambientale più vasto.


Presentazione alla mostra nella Casa Giardino di Chiasso/ Nov.Dic. 1999

 

   



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