2010
Lugano, Galleria L'Incontro - Il ritratto della pera e l'invenzione del paesaggio
(pres. Dalmazio Ambrosioni)
La personale di Ro Milan alla Galleria L’Incontro di Lugano
Tratti sospesi tra la figura e il simbolo
Il titolo è ironicamente intrigante: “Il ritratto della
pera e l’invenzione del paesaggio”. Un modo curioso
per dire come questa esposizione proponga uno
sguardo diverso sulla rappresentazione della natura.
Con una cinquantina di dipinti, ricchi di novità.
di DALMAZIO AMBROSIONI
di MARCO ZUCCHI
Ha un titolo ironicamente intrigante la personale di Ro Milan alla Galleria L’Incontro di Lugano:
Il ritratto della pera e l’invenzione del paesaggio.
È un modo curioso anche per dire che questa mostra rispetto alle sue precedenti propone un modo diverso di affrontare quel soggetto che percorre tutta la sua pittura, ossia la natura. È zeppa di novità, che si manifestano attraverso una cinquantina di dipinti degli ultimi due anni, tutti inediti, in maggioranza ad olio con qualche tempera.
In maniera ancora più manifesta che in passato quella di Ro Milan si conferma una pittura rara nella quale risuonano stagioni dell’arte moderna come la Metafisica, il Surrealismo ma i anche Fauves e un po’ anche Klee. Una pittura dotta, colorata, sospesa tra raffigurazione e simbolismo, guidata dal palese desiderio di andare a fondo delle cose, di cercare di capirne la natura. Da questa prospettiva è un pittore che rende ricco il nostro scenario rappresentativo. Ma chi sono i suoi personaggi? Essenzialmente raffigurazioni di natura: paesaggi, vedute, alberi ma negli ultimi tempi anche e preferibilmente singoli soggetti sui quali concentra l’attenzione ad un tempo indagatoria e di atmosfera. Nel senso che la rappresentazione è di una fedeltà poetica nella quale gioca con colori mai così vivi, freschi, primaverili come in questo nuovo ciclo: gialli e rosa, blu, indaco, azzurri e celesti, rosa, giallo e una ricca gamma di verdi attraverso un rincorrersi di tonalità. Una festa per lo sguardo. Cromie decise quanto morbidamente distese con cui raffigura paesaggi reali e paesaggi possibili, ma rivisti attraverso la partecipazione emotiva a tratti anche sognante; paesaggi simbolici, al centro dei quali sovente troneggia un albero, presenza forte che organizza lo spazio circostante. Gradualmente l’attenzione di Ro Milan verso la natura si è andata focalizzando su singoli elementi: l’albero in tutta la sua forza, il suo fulgore; la foglia, tante foglie una ad una; cadente, azzurra, violetta…; i fiori, tanti tipi di fiori; naturalmente la pera che dà il titolo; la conchiglia, con tutto il suo corredo di antico mistero. Ed ogni volta sono per davvero dei ritratti, perché Ro Milan indaga la morfologia ma soprattutto la capacità espressiva, verrebbe da dire comunicativa di manifestazioni di natura che assurgono al ruolo di soggetti per diventare veri e propri personaggi magrittiani. Conservano una loro identità misteriosa, allusiva, lievemente simbolica nell’essere colti attraverso una sorta di interiorità domestica nel mentre trattengono una loro oggettività animata dalla luminosità della raffigurazione, che moltiplica di continuo i piani della narrazione.
Questa capacità di ritrarre i personaggi in una situazione drammaturgica viene confermata da Ro Milan anche nella sua produzione poetica (nel1963 pubblica la prima raccolta di poesie Il canto delle rane) e letteraria: nel 1965 il Corriere del Ticino pubblica in 60 puntate il suo primo breve romanzo La Valle dei Templi, nel 1967 dà alle stampe la breve raccolta di poesie e disegni Uomo Antiuomo con la prefazione di Bixio Candolfi, e nel 1977 esce la raccolta di racconti Il carnevale di Mario. La sua vena narrativa sempre sospesa tra poesia e horror presenta situazioni intricate che d’improvviso si dipanano, si aprono, si risolvono lungo il crinale della suspence e del mistero. Lo stesso nella pittura, con in più l’apporto decisivo e piacevolissimo del colore. Cosicché i suoi “personaggi” risaltano su tela e carta in maniera efficace nella descrizione minuziosa dei particolari e nella visione d’insieme. A trarne vantaggio non è solo la caratterizzazione del mondo visibile, ma l’operazione di metamorfosi, ossia la semplificazione della complessità dei “personaggi”, che alla fine diventano essi stessi qualcos’altro rispetto al dato di partenza.
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